In Italia le malattie cardiovascolari prima causa di morte, a Firenze evento Anmco

01/04/2025

(Adnkronos) – Le malattie cardiovascolari restano la prima causa di morte nel nostro Paese, nonostante negli ultimi 25 anni l’approccio terapeutico alle patologie cardiovascolari sia stato rivoluzionato da un’esplosione di nuove conoscenze, scaturite da studi clinici e ricerche scientifiche. Esperti provenienti da tutta Italia si riuniranno a Firenze in occasione del Lipids and Cardiometabolic Care 2025, evento organizzato dall’Anmco (Associazione nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri), giunto alla sua terza edizione, per condividere e confrontarsi sulle novità in ambito di terapia e prevenzione cardiovascolare. L’evento Nazionale si svolgerà il 2 e 3 aprile presso il Centro Congressi Al Duomo in collaborazione con la Società Italiana per lo Studio dell’Aterosclerosi e con il patrocinio della più importante società scientifica cardiologica statunitense, l’American College of Cardiology. 

“In Italia ogni anno 230.000 persone muoiono a causa di malattie cardiovascolari, e circa 47.000 decessi sono attribuibili al mancato controllo del colesterolo – afferma Furio Colivicchi – past president Anmco e direttore Cardiologia clinica e riabilitativa dell’ospedale San Filippo Neri di Roma – Tutti dovrebbero conoscere i propri valori di colesterolo nel sangue, facendo attenzione al colesterolo Ldl; infatti, questo potrebbe portare a gravi e irreversibili problemi di salute. Per alcune persone questo parametro è di particolare importanza, come nel caso di pazienti con diabete e per tutti coloro che abbiano già̀ avuto un qualche problema con il cuore; per questi pazienti i livelli di colesterolo LDL devono, infatti, essere piuù contenti e controllati. Sicuramente adottare uno stile di vita sano riduce il rischio cardiovascolare. Un’alimentazione ricca di frutta e verdura, che escluda i grassi animali, favorisce una riduzione del 10-20% dei livelli di colesterolo nel sangue. Molto importante è anche limitare la quantità complessiva di alimenti e quindi di calorie, evitando un incremento del peso corporeo. Si deve poi sottolineare che non fumare e svolgere una costante attività fisica (almeno 150 minuti a settimana di esercizio fisico di tipo aerobico ad impegno ‘moderato’, come il camminare con passo ‘svelto’) favorisce un incremento del colesterolo Hdl, il colesterolo ‘buono’, e riduce il colesterolo Ldl, il colesterolo ‘cattivo'”.  

“Le strategie finalizzate alla gestione dell’ipercolesterolemia, ormai considerato come fattore causale della malattia cardiovascolare su base aterosclerotica – continua Colivicchi – sono una componente essenziale della prevenzione cardiovascolare. Lo sviluppo, e il successivo impiego nella pratica clinica, di efficaci farmaci biologici ipolipemizzanti ha confermato una significativa riduzione degli eventi cardiovascolari associata ad una progressiva riduzione del C-Ldl plasmatico. Con l’obiettivo di ridurre il rischio di eventi cardiovascolari, le Linee Guida della Società Europea di Cardiologia raccomandano il raggiungimento di ambiziosi target di C-LDL nei pazienti a più alto rischio di malattia cardiovascolare, nonché il ricorso ad una terapia di combinazione di più agenti ipolipemizzanti. Recenti studi hanno inoltre confermato la persistenza di un rischio cardiovascolare residuo, ma non trascurabile, anche con bassi livelli di C-Ldl. Questa evidenza sottolinea la necessità di interventi preventivi più precoci e, inoltre, porta alla luce il ruolo di altri fattori aterogeni, quali i trigliceridi, la lipoproteina(a) e la cascata infiammatoria”.  

“La necessità di ottenere livelli di C-Ldl più bassi, e di contrastare il rischio residuo associato agli altri fattori aterogeni, fa emergere il bisogno di interventi terapeutici aggiuntivi e complementari oltre a strategie volte a garantire la più elevata aderenza e persistenza ai trattamenti farmacologici prescritti. In tal senso particolare interesse stanno destando le terapie che agiscono su vari target cardio-nefro-metabolici nei pazienti ad elevato rischio cardiovascolare come i diabetici e coloro che hanno più patologie”, chiarisce Colivicchi.  

“L’evento formativo Lipids and Cardiometabolic Care 2025, indirizzato a medici di diverse discipline (cardiologia, medicina interna, nefrologia, neurologia, diabetologia, medicina generale) – conclude Colivicchi – si propone di approfondire i temi relativi alla terapia ipolipemizzante e cardiometabolica, finalizzata alla riduzione del rischio cardiovascolare globale”. 

Secondo Fabrizio Oliva, presidente Anmco e direttore Cardiologia 1 dell’ospedale Niguarda di Milano, “durante il congresso parleremo anche di obesità e diabete, due malattie che rappresentano importanti fattori di rischio metabolici che determinano un forte impatto in termini di malattie cardiovascolari e malattia renale cronica. Nella gestione del continuum cardio-renale metabolico nel corso degli ultimi anni sono emerse importanti novità, prima gli SGLT2 inibitori e più recentemente gli agonisti del recettore GLP-1. Questi farmaci sono indicati per il trattamento di adulti con diabete mellito di tipo 2 non sufficientemente controllato per migliorare il controllo glicemico come coadiuvante alla dieta e all’esercizio fisico e hanno dimostrato di ridurre gli eventi cardiovascolari avversi maggiori”. 

“Nei giorni scorsi – continua Oliva – sono stati presentati all’American College of Cardiology i risultati di alcuni recenti studi sugli agonisti recettoriali GLP-1 rispetto al placebo come aggiunta alla terapia standard per la prevenzione di eventi cardiovascolari avversi maggiori in persone con diabete di tipo 2 e malattia cardiovascolare e/o malattia renale cronica accertata. I risultati hanno dimostrato una riduzione statisticamente significativa e superiore degli eventi cardiovascolari per le persone trattate con questa classe di farmaci rispetto al placebo. Parleremo di questi importanti successo e anche di quello ottenuto dagli agonisti recettoriali GLP-1 in pazienti con sovrappeso o obesità e malattie cardiovascolari senza diabete. I dati presentati vanno a rinforzare il quadro di evidenze che sostengono il comprovato beneficio cardiovascolare di questi farmaci al di là della formulazione e su diverse classi di pazienti.” 

 

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